Naturalmente John ha ragione. Il sistema in cui i singoli iniziano l’azione contro gli spammer e’ perdente, non scala. Abbiamo bisogno assolutamente di un sistema all’australiana: un organo istituzionale, dotato di risorse tecniche e quindi in grado di stilare un’istruttoria completa per gli organi giudiziari, dotato di poteri per iniziare un’azione collettiva a tutela dei cittadini potenzialmente in grado di procedere velocemente e di erogare sanzioni adeguate (al danno patito dalla collettivita’ piuttosto che dal singolo).
So bene che al momento il nostro diritto non prevede queste cose, e nemmeno quello USA, ma non mi pare ci sia altra soluzione.
Come ben sapete sono da anni impegnato nel “settore” per quanto riguarda l’italia e, contrariamente a quanto dichiarato, processi per spam qua se ne fanno e ne ho visti, anche se procedono tutti con l’immane insostenibile ostinata lentezza delle procedure italiote e con lo stesso problema del rischio di incontrare giudici stupidi e/o ignoranti come si cita accadere negli Stati Uniti (ma è su questo punto che intervengo io che non sono un avvocato durante il processo).
Il problema non è affatto avere o non avere risorse tecniche, il problema è avere persone che si assumano la responsabilità di ciò che fanno: la richiesta di un “organo istituzionale” è un’iniziativa perdente perché deresponsabilizza il singolo abusato (e con questo però gratifica con l’anonimato chi ha paura di esporsi) delegando il lavoro ad un misterioso ente terzo.
Ritenere che, se esistesse un tale ente, l’utenza italiana vi si rivolgerebbe per le segnalazioni è illusorio proprio per lo stesso motivo per cui già adesso la stessa utenza non agisce con gli strumenti che già ci sono a disposizione (Segnalazioni e Ricorsi al Garante Privacy) e per la stessa sfiducia che altre iniziative simili hanno già in passato generato con il loro fallimento perché gestite appunto “all’italiana”, come appunto il Garante Privacy.
E’ un problema culturale storico di questo paese: non ci si può aspettare civiltà da un popolo che non ne ha, ne ci si può aspettare che sia in grado di copiare un’iniziativa di un paese anglosassone dove la gente ragiona in molto radicalmente diverso dalla cosiddetta italia, con un livello di partecipazione attiva decente e scarsi fenomeni di free raiding.
Da parte mia dall’inizio di quest’anno, accertata comunque la totale indisponibilità del Garante Privacy ad assumersi le proprie responsabilità ed esercitare le proprie prerogative e poteri sull’argomento spam e spammer (dopo i provvedimenti del 2003 che avevano fatto illudere molta gente), malgrado una pluriennale “opera di sensibilizzazione” che ha avuto solo l’effetto di farmi odiare dall’ennesimo gruppetto di un centinaio di fannulloni ministeriali romani, ho deciso di azionarmi su altri due fronti: quello giudiziario per primo, nel quale conduco processi contro un paio dei più importanti spammer nostrani (e di cui sto continuamente subendo le vendette, le calunnie e lo stalking, anche legale per opera di un nutrito gruppetto di avvocati prezzolati), quello politico per secondo, nel quale spero di poter arrivare ad influenzare una proposta di legge che renda più chiaro di quanto già sia (perché c’è già) il concetto che lo spam è un reato e va perseguito come tale dalla magistratura penale, anche senza denunce e segnalazioni di privati cittadini (l’art. 167 Codice Privacy non è un reato a querela di parte).
Solo questo farà capire agli spammer nostrani che dovranno smettere di spammare e succederà solo quando i giornali e i telegiornali faranno vedere uno di loro, magari proprio quello più grosso, il milanese che tutti conosciamo, inquadrato mentre la polizia lo porta a San Vittore in manette.
PS: le “azioni collettive” in salsa italiana mi fanno ridere da sempre, della serie “armiamoCI e partiTE”.
Naturalmente John ha ragione. Il sistema in cui i singoli iniziano l’azione contro gli spammer e’ perdente, non scala. Abbiamo bisogno assolutamente di un sistema all’australiana: un organo istituzionale, dotato di risorse tecniche e quindi in grado di stilare un’istruttoria completa per gli organi giudiziari, dotato di poteri per iniziare un’azione collettiva a tutela dei cittadini potenzialmente in grado di procedere velocemente e di erogare sanzioni adeguate (al danno patito dalla collettivita’ piuttosto che dal singolo).
So bene che al momento il nostro diritto non prevede queste cose, e nemmeno quello USA, ma non mi pare ci sia altra soluzione.
Come ben sapete sono da anni impegnato nel “settore” per quanto riguarda l’italia e, contrariamente a quanto dichiarato, processi per spam qua se ne fanno e ne ho visti, anche se procedono tutti con l’immane insostenibile ostinata lentezza delle procedure italiote e con lo stesso problema del rischio di incontrare giudici stupidi e/o ignoranti come si cita accadere negli Stati Uniti (ma è su questo punto che intervengo io che non sono un avvocato durante il processo).
Il problema non è affatto avere o non avere risorse tecniche, il problema è avere persone che si assumano la responsabilità di ciò che fanno: la richiesta di un “organo istituzionale” è un’iniziativa perdente perché deresponsabilizza il singolo abusato (e con questo però gratifica con l’anonimato chi ha paura di esporsi) delegando il lavoro ad un misterioso ente terzo.
Ritenere che, se esistesse un tale ente, l’utenza italiana vi si rivolgerebbe per le segnalazioni è illusorio proprio per lo stesso motivo per cui già adesso la stessa utenza non agisce con gli strumenti che già ci sono a disposizione (Segnalazioni e Ricorsi al Garante Privacy) e per la stessa sfiducia che altre iniziative simili hanno già in passato generato con il loro fallimento perché gestite appunto “all’italiana”, come appunto il Garante Privacy.
E’ un problema culturale storico di questo paese: non ci si può aspettare civiltà da un popolo che non ne ha, ne ci si può aspettare che sia in grado di copiare un’iniziativa di un paese anglosassone dove la gente ragiona in molto radicalmente diverso dalla cosiddetta italia, con un livello di partecipazione attiva decente e scarsi fenomeni di free raiding.
Da parte mia dall’inizio di quest’anno, accertata comunque la totale indisponibilità del Garante Privacy ad assumersi le proprie responsabilità ed esercitare le proprie prerogative e poteri sull’argomento spam e spammer (dopo i provvedimenti del 2003 che avevano fatto illudere molta gente), malgrado una pluriennale “opera di sensibilizzazione” che ha avuto solo l’effetto di farmi odiare dall’ennesimo gruppetto di un centinaio di fannulloni ministeriali romani, ho deciso di azionarmi su altri due fronti: quello giudiziario per primo, nel quale conduco processi contro un paio dei più importanti spammer nostrani (e di cui sto continuamente subendo le vendette, le calunnie e lo stalking, anche legale per opera di un nutrito gruppetto di avvocati prezzolati), quello politico per secondo, nel quale spero di poter arrivare ad influenzare una proposta di legge che renda più chiaro di quanto già sia (perché c’è già) il concetto che lo spam è un reato e va perseguito come tale dalla magistratura penale, anche senza denunce e segnalazioni di privati cittadini (l’art. 167 Codice Privacy non è un reato a querela di parte).
Solo questo farà capire agli spammer nostrani che dovranno smettere di spammare e succederà solo quando i giornali e i telegiornali faranno vedere uno di loro, magari proprio quello più grosso, il milanese che tutti conosciamo, inquadrato mentre la polizia lo porta a San Vittore in manette.
PS: le “azioni collettive” in salsa italiana mi fanno ridere da sempre, della serie “armiamoCI e partiTE”.